CHE COS’E’ UN FRUTTO?

 

A cura di Marco Giai-Levra, 

Abstract e conclusioni

Raccogliendo diverse informazioni su che cosa sia un frutto e su quale scopo abbia la sua esistenza, emergono i seguenti punti:

  • Con la parola “frutta” si raggruppano comunemente vari tipi di frutti commestibili
  • Il frutto consiste nella polpa vegetale edibile più o meno succosa che avvolge i semi
  • Il significato biologico del frutto è fornire protezione, nutrimento e mezzo di diffusione al seme che contiene

Per frutti commestibili si intendono tutti quei frutti che presentano una o più delle seguenti caratteristiche:

  • masticabili e digeribili senza problemi quando maturi, crudi e sconditi; in secondo luogo una caratteristica aggiuntiva e secondaria potrebbe essere anche l’accessibilità alla polpa (ad esempio una mela è più accessibile di un ananas). I legumi ad esempio non sono commestibili crudi e quindi sono da considerarsi non-adatti all’uomo (così come i cereali e i grani, anche se queste specie non sono frutti).
  • appetibilità per l’apparato sensoriale umano, quindi gradevolezza per il senso del gusto della polpa, il profumo o la fragranza scaturita dalla buccia o dalla polpa (come nei frutti dell’orto maturi ad esempio), nonché i colori vivaci e accattivanti che sono in grado di attirare l’attenzione (ciò che la pianta vuole per cercare di far disperdere i semi racchiusi nei suoi frutti)

Si potrebbe a questo proposito creare anche una scala di valori relativi a un “indice di commestibilità”.

Se è vero, come lo è, che il frutto consiste nella polpa vegetale edibile più o meno succosa che avvolge i semi sono da considerarsi frutti a tutti gli effetti tutti i frutti dell’orto che presentano tale caratteristica. Pertanto sono frutti: pomodori, zucca, peperoni, limone, cetrioli, zucchine, karelas, okra o gombo. Anche l’avocado è da considerarsi un frutto in quanto soddisfa questa caratteristica. Non sono invece da considerarsi frutti ad esempio: carote, patate, aglio, cipolle, ecc., così come non lo sono noci e semi.

Se è vero, come lo è, che il significato biologico del frutto è fornire protezione, nutrimento e mezzo di diffusione al seme che contiene, in quanto l’unico interesse della pianta consiste nel cercare di perpetuare la specie, disperdendo o meglio facendo in modo che vengano dispersi i suoi semi. Posto che le caratteristiche biologiche e anatomiche dell’uomo sono quelle di un frugivoro, l’essere umano ha un ruolo specifico, conferitogli dalla natura: disperdere i semi dei frutti, in cambio del nutrimento che trae dalla loro polpa.

Lo scopo della pianta consiste nel fatto che i suoi semi vengano dispersi nella terra, tramite feci oppure coltivazione, da parte degli animali che hanno le caratteristiche adatte per espletare questa funzione.

La natura a questo scopo rende appetibili (maturi e senza condimento) i frutti alla tal specie che può disperdere i semi nel migliore dei modi. Ad esempio buccia e parti dell’avocado sono altamente tossici e velenosi per numerosi animali: questo avviene perchè è destinato a un animale che con le sue mani può trasportare il suo grosso seme lontano dall’albero. Infatti per noi uomini è delizioso (almeno per me lo è), come come avviene per il mango. Ad esempio, per i cani sono altamente tossici uva, uva passa, macadamia, cachi e avocado.

Il peperoncino brucia perchè non è destinato a noi (è praticamente un veleno, anche se può essere usato come medicinale: sicuramente non è un cibo per l’uomo): “Gli uccelli, al contrario dei mammiferi, non sono sensibili alla capsaicina, poiché questa sostanza agisce su uno specifico recettore nervoso che gli uccelli non possiedono. A ragione di ciò i peperoncini costituiscono il cibo preferito di molti volatili… In cambio gli uccelli spargono i semi della pianta sia mentre consumano i frutti, sia attraverso le feci, poiché questi semi riescono a oltrepassare l’apparato digerente inalterati. Si pensa che questo tipo di relazione abbia promosso l’evoluzione dell’attività protettrice della capsaicina. È infine interessante notare come agenti chimici usati per dare un sapore di uva a bevande come la “grape soda” (bevanda frizzante al gusto di uva) diano negli uccelli un effetto simile a quello che la capsaicina dà agli esseri umani.”

Quindi una buona pratica potrebbe essere quella di conservare quanti più semi possibile dei vari frutti di cui si mangia la polpa, per poi un giorno disperderli nell’ambiente o trasformarli in piante ornamentali, in modo da restituire alla natura ciò che si è preso. Io cerco di farlo abitualmente, se possibile.

I semi sono fatti per dare la vita e dalla natura sono stati progettati per questo preciso motivo. Non sono stati creati per essere un nutrimento. Ne consegue che non sono neanche salutari, in quanto l’alto tasso proteico acidifica l’organismo umano, mentre invece dovrebbe servire al seme come combustibile naturale per avere la forza di schiudersi al momento giusto, anche secoli dopo (hanno ottenuto una pianta di datteri di 2000 anni fa, facendo germogliare adesso i semi). Personalmente se mangio l’anguria cerco di sputare tutti i semi, anche perchè quando successo accidentalmente di averne rotto qualcuno con i denti, il gusto amaro era terribile; stessa cosa dicasi per l’uva fresca ad esempio. Se accidentalmente mastico un seme di mela, il gusto in bocca è rovinato.

Questo discorso si riverisce soprattutto alle noci, in quanto il frutto a guscio (che poi non è un frutto ma un seme) è stato progettato per germogliare con tutta la sua unicità (una noce=un seme, mentre un kiwi=moltissimi semini).

Diverso è il discorso per kiwi e pomodori, dove sulla grande quantità di semi, molti non vengono masticati ed escono indenni nelle feci degli animali che li mangiano. Anche perchè in questo caso si sta mangiando la polpa e non i semi, come invece succede nell’ingerire mandorle e noci. Non mangiando i semi, in generale, si contribuisce a perseguire lo scopo di vita della pianta e si espleta la funzione che ci è stata assegna dalla natura. G­­­li uccelli che mangiano i semi, poi li disperdono con le feci, senza distruggerli.

Ma torniamo al topic:

D: CHE COS’E’ UN FRUTTO?

R: Il “frutto” in termini botanici è il prodotto della modificazione dell’ovario a seguito della fecondazione. L’ovario è una parte del gineceo che contiene gli ovuli da fecondare e ne costituisce la parte inferiore. Il gineceo, anticamente chiamato anche pistillo (lat. pistillum: mano del mortaio), è la parte femminile dei fiori nelle piante angiosperme.

Il significato biologico del frutto è fornire protezione, nutrimento e mezzo di diffusione al seme che contiene.

Nel linguaggio comune ed in cucina, normalmente, per frutta si intendono alcuni tipi di frutti botanici, ad esempio:

  • le drupe: pesche, ciliegie, albicocche;
  • l’esperidio degli agrumi;
  • alcune bacche o loro modificazioni, come gli acini d’uva, i cocomeri ed i pomodori;
  • i pomi: mele, pere.

Con la parola “frutta” si raggruppano “comunemente” vari tipi di frutti commestibili compresi alcuni che non sono, botanicamente parlando, propriamente frutti come le pomacee (mele e pere): queste ultime sono invece nella pratica dei frutti a tutti gli effetti, in qualunque tradizione culturale, al di là delle classificazioni botaniche che come tutte le teorie sono sucettibili di diversi cambiamenti nel corso del tempo. Esistono poi sono le polpose (pesche, albicocche, prugne, ciliegie e susine) , mentre nelle regioni a clima mediterraneo si coltivano anche gli agrumi (limoni, arance e mandarini) e la frutta in guscio (noci, nocciole e mandorle), che non è in realtà un frutto ma si tratta di semi (cioè quello che si mangia, si mastica e si digerisce è il seme e non la polpa, che è assente).

Normalmente, in base al tipo di uso che se ne fa nell’alimentazione, si definiscono “frutta” alcune specie commestibili (che frutti non sono, come le noci ad esempio), escludendone altre come pomodori, peperoni, cetrioli (che invece sono frutti a tutti gli effetti, cioè polpa che racchiude i semini).

I tempi di maturazione sono diversi e questo fatto permette di avere polpose in estate, agrumi in inverno, pomacee nelle stagioni intermedie.

Quindi è un frutto tutta la polpa vegetale più o meno succosa che avvolge i semi.

La botanica suddivide i frutti in “veri frutti” e “falsi frutti”, ma questa divisione è dettata più che altro da una necessità di classificazione della biologia delle forme di vita vegetale. E’ da notare che le diverse classificazioni non sono considerate valide da tutti gli studiosi. Ad ogni modo per completezza di argomento riporto le definizioni:

  • Vero frutto: secondo la definizione “classica”, il vero frutto deriva dalla sola trasformazione dell’ovario del fiore che si modifica profondamente.
  • Falso frutto: se invece i frutti non derivano esclusivamente dallo sviluppo dell’ovario ma alla loro formazione partecipano anche altre parti del fiore si parla più correttamente di falsi frutti.

VERI FRUTTI

I veri frutti si suddividono in:

  • frutti secchi in cui a maturità tutti gli strati hanno scarsi parenchimi e un contenuto di acqua piuttosto basso; il pericarpo può quindi essere duro, papiraceo o legnoso;
  • frutti carnosi in cui la consistenza dei diversi strati è carnosa in quanto ricchi di parenchimi che trattengono una percentuale d’acqua notevolmente alta.

frutti secchi si dividono in:

  • follicoli: elleboro, aquilegia, ecc.
  • legumi: fagioli, piselli, fave, araghidi, soia, lenticchie, ecc.
  • lomenti: modificazioni del legume
  • silique: crucifere
  • capsule: tabacco, tulipano, papavero, ecc.
  • acheni: betullacee, ecc.
  • sàmare: acero, ecc.
  • cariosside: graminacee, ecc. nucule: nocciolo, castagno, ecc.

Di tutti questi gli unici che sono commestibili sono le nucule e, previa trasformazione chimica tramite cottura, i legumi. Quindi si può concludere che i frutti definiti dalla botanica come secchi non sono adatti all’essere umano, in quanto non sono commestibili allo stato naturale, oppure sono velenosi o tossici.Infatti anche se le castagne e le nocciole sono commestibili allo stato naturale, esse sono altamente acidificanti per il PH sanguigno umano; è da notare come si facciano spesso al forno o tostate per renderle più gradevoli al palato (un altro segno che le classifica come cibo non o poco adatto all’uomo).

Un ulteriore diramazione (non considerata valida da tutti) dei frutti secchi li definisce come frutti secchi schizocarpici:

  • diachenio (Umbelliferae e Rubiaceae);
  • tetrachenio (Labiatae e Boraginaceae);
  • poliachenio (Malvaceae e Ranunculaceae).

frutti carnosi si dividono in:

  • bacca (vite, pomodoro, banano, sambuco, belladonna);
  • esperidio: frutto delle Rutaceae ovvero gli agrumi. È da alcuni considerato una bacca modificata;
  • drupa: monosperme unicarpellari(drupacee come susina, pesca, ciliegia, albicocca), pluricarpellari (olivo, noce), plusrispermie pluricarpellari (caffè, pepe) a mesocarpo coriaceo (noce, mandorlo) o fibroso (cocco);
  • peponide: frutto tipico delle Cucurbitaceae (zucchina, zucca, cetriolo);
  • balaustio: frutto tipico delle Punicaceae (melograno);
  • cabosside: frutto del cacao; bacca deiscente, tipica della noce moscata (a maturità libera il seme con arillo), e dell’Ecballium (Cucurbitaceae).

 

Si può quindi concludere che i frutti denominati come “carnosi” dalla botanica sono in gran parte adatti all’essere umano, in quanto possono essere consumati allo stato naturale senza problemi e qunado maturi e di stagione possiedono un notevole polo attrattivo, in virtù della loro appetibilità.

FRUTTI COMPOSTI

I frutti composti sono quelli derivati da più pistilli dello stesso fiore che rimangono uniti anche nel frutto. Esempi:

  • polidrupa: deriva da tante piccole drupe inserite sul ricettacolo convesso del fiore (tipiche del genere Rubus); es. mora del rovo, lampone;
  • conocarpo: deriva dal ricettacolo carnoso e convesso su cui erano inseriti numerosi ovari trasformati in acheni; es. fragola (il vero frutto è composto dagli acheni, la parte carnosa deriva dall’ingrossamento del ricettacolo fiorale).

Si può quindi concludere che i frutti denominati come “composti” dalla botanica sono adatti all’essere umano.

INFRUTTESCENZE

I singoli frutti derivano da pistilli di fiori diversi che formavano un’infiorescenza più o meno compatta.

sorosio: formato da tante false drupe originatasi dalla concrescenza dei calici carnosi (mora del gelso), da corta spiga ( pseudodrupa), oppure l’ananas con asse brattee e frutti carnosi.

siconio: deriva da un ricettacolo semi- carnoso e concavo tappezzato al suo interno da fiori femminili che daranno degli acheni (Fico).

Si può quindi concludere che i frutti denominati come “infruttescenze” dalla botanica sono adatti all’essere umano.

FALSI FRUTTI

  • pomo deriva da un ovario pentacarpallere infero sincarpico avvolto dal ricettacolo carnoso con il quale concresce (il vero frutto è il torsolo), calice persistente.
  • cinorrodo è il “frutto” del genere Rosa è un falso frutto a coppa carnosa, derivante dal ricettacolo. I frutti sono gli acheni in esso racchiusi.

Si può quindi concludere che i frutti denominati come “falsi frutti” dalla botanica sono molto adatti all’essere umano e sono in realtà dei veri e propri frutti a tutti gli effetti, ossia polpa intorno ai semi.

Estratto da:  http://marcogiailevra.wordpress.com/